L’EDITORIALE DEL DIRETTORE GIOVANNI CESCHI
“UNA NUOVA PROSPETTIVA”
È crisi? La domanda ha cominciato a serpeggiare nelle ultime settimane, come prematuro bilancio del quinto torneo consecutivo di serie C, che nelle prime otto giornate ha visto il Trento vittorioso una volta sola (all’esordio di Gorgonzola, con la Giana Erminio), ancora incapace d’espugnare il Briamasco e inconsuetamente abbonato al pareggio. Soprattutto, un Trento che fatica a capitalizzare la generosa mole di gioco e la voglia di mordere la partita cui Luca Tabbiani ci ha abituati, senza eccezioni e deroghe di sorta, da quando siede sulla panchina gialloblù. Le trame di gioco divertono ancora, la costruzione dal basso è perseguita con scientifica coerenza e dogma geometrico, ma quest’anno – come lo stesso tecnico ha più volte rimarcato – non sembra andarne bene una.
Anche i numeri analitici parlano di un avvio complicato e meno lineare rispetto al precedente torneo: dieci gol segnati non sono pochi, ma i sette marcatori diversi (tre Giannotti, due Capone e poi Chinetti, Dalmonte, Muca, Pellegrini, Triacca) sono indicativi di percorsi più tortuosi per chiudere le pregevoli geometrie. Di converso sono ben dodici i gol subiti – media di 1,5 a partita – con due sole gare concluse a rete inviolata. E numerose, più del fisiologico, le espulsioni: segno di nervosismo o comunque di minore tranquillità nei momenti cruciali. La statistica non mente mai: dopo otto giornate la posizione appena sopra la zona playout è la trasposizione visiva di una partenza faticosa.
Fin qui il bicchiere mezzo vuoto. Probabile tuttavia – a volerlo riempire un po’ oltre la metà – che la severa lettura di quest’inizio di torneo sia accentuata dalla nuova prospettiva cui il Calcio Trento ci ha abituati dal ritorno in serie C nel 2021. Ogni anno uno scalino più su nella classifica finale, dai playout dell’anno d’esordio alla prima storica gara di playoff disputata in casa nel maggio scorso, per giunta al termine di un campionato che è entrato nella storia per la migliore serie positiva degli ultimi cinquant’anni e, soprattutto, che ha impresso nella mente degli spettatori trentini gare memorabili per intensità emotiva, furore agonistico, spettacolo pressoché costante, con vittorie piroteniche, talora larghissime e anche storiche (come quella sul Lanerossi dell’ultima giornata).
Il confronto è inevitabile, e l’ambizione societaria di crescere in modo graduale ma continuo lo sta fatalmente alimentando. Il profondo rinnovamento dell’organico, come rileva Dimitri Canello nel Controcampo di pagina 9, richiede pazienza e fiducia: gli stessi motivi che ci inducono a celebrare il Trento di Tabbiani ‘24/25 lasciano sperare in una crescita graduale di convinzione e di squadra, ben sapendo che il calcio è fatto di misteriose alchimie. E uno spunto di speranza, nell’augurarvi buona lettura con questo numero che inaugura la stagione di Passione gialloblù, lo possiamo desumere dal curioso Amarcord delle pagine 30-31: mai come in questo torneo il Trento sta pagando la regola dei tre punti, introdotta più di trent’anni fa a premiare lo spirito propositivo delle squadre alla ricerca della vittoria, perché i numerosi pareggi sono stati sigillati da episodi più spesso avversi, ma è anche vero che gli aquilotti finora hanno perso pochissimo (due sole gare, con Brescia e Lecco). E allora: basterà quel refolo del destino che si chiama vittoria per farci dimenticare quest’inizio così così.


