GUNTHER MAIR NEL RICORDO DI ALBERTO BETTA: “UN UOMO VERO, DENTRO E FUORI DAL CAMPO. UN ESEMPIO PER TUTTI, ANCHE PER I PIÙ VECCHI. CON LA “BERRETTI” FU CAMPIONE D’ITALIA NEL 1988 DA FUORIQUOTA E RIFERIMENTO PER TUTTI I COMPAGNI

La foto in copertina è stata scattata da Dino Panato uno dei “maestri” della fotografia trentina e gentilmente concessa dal figlio Daniele, che ha seguito le orme paterne.
Lo scatto risale all’estate del 1984: il Trento sta preparando il campionato di serie C2 nel ritiro di Flavon, in val di Non e ritrae i giocatori in un momento di relax tra una seduta e l’altra. Gunther Mair è al centro, alla sua sinistra Georg Telch, la “freccia di Egna”, intento a colloquiare con il factotum “Mondo” Chinellato e alla sua destra Alberto Betta, che di Mair era il compagno di ruolo. E, nel corso di quella stagione, i due numeri uno gialloblù divennero anche ottimi amici.
La sana rivalità non rovinò un sentimento che crebbe nel corso dell’annata ed è rimasto intatto sino ai giorni nostri. Dopo la splendido campionato 1984 – 1985, conclusosi con la promozione in serie C1 dopo la vittoria nel leggendario spareggio di Mantova contro l’Ospitaletto, le strade sportive di Mair e Betta si divisero e mai più s’incrociarono, ma i due restarono in costante contatto, facendo l’uno il tifo per l’altro.
“E così era stato già nel corso di quella splendida stagione – ricorda Betta, oggi apprezzato direttore di filiale della Cassa di Trento, socio fondatore dell’attuale società e membro, sin dalla prima ora, del Consiglio d’Amministrazione dell’A.C. Trento -, perché con Gunther c’era la rivalità sportiva, quella sì, ma anche un’incredibile rispetto. Lui era un professionista con la “P” maiuscola, una persona che mai parlava a sproposito e, soprattutto, non l’ho mai visto arrabbiato o con atteggiamenti sopra le righe. Un uomo vero, dentro e fuori dal campo. Ricordo che a gennaio del 1985, quando Trento venne sommersa da quella che è stata definita la “nevicata del secolo”, fummo costretti a trasferirci per qualche settimana a Veronello per allenarci regolarmente. Qualcuno si lamentava per la distanza, ma lui non disse una parola. Esemplare, come sempre”.
Ricordi di un calcio che non c’è più. Il pomeriggio del 16 giugno 1985 Gunther Mair divenne l’eroe di una città e di una tifoseria, parando ben tre rigori calciati dai giocatori bresciani e contribuendo in maniera decisiva alla promozione in C1. Ebbene nei video dell’epoca si vede chiaramente lo “sprint” di Betta dalla panchina lungo la corsia di destra del “Martelli” per abbracciare l’amico e compagno dopo ogni parata. Una cosa impensabile oggi.
“Gesti assolutamente spontanei – conclude Betta – perché,veramente, io ero il suo primo tifoso e lui il mio quando sono sceso in campo – sette volte – nel corso della stagione. È ovvio che entrambi volevamo sempre giocare, ma il rispetto era totale, perché la prima e unica cosa che contava era l’obiettivo finale, ovvero la promozione nella categoria superiore. Gli interessi personali erano in secondo piano rispetto al bene comune. E, in questo senso, Gunther era un vero maestro, un esempio per tutti, nonostante avesse “solo” venticinque anni”.
Il ricordo in gialloblù di Gunther Mair è legato anche alla strepitosa cavalcata della compagine “Berretti” tre anni più tardi, quando la formazione giovanile aquilotta, guidata all’epoca da Ettore Pellizzari, oggi presidente della Figc trentina, conquistò lo scudetto di categoria, un traguardo storico e mai raggiunto da alcuna formazione regionale.
Mair, da fuoriquota, fu il portiere della “Berretti”, un vero trascinatore del gruppo, una fratello maggiore per tutti i compagni squadra, capace di calarsi con incredibile umiltà in un’avventura nuova, conclusasi con la vittoria contro la Salernitana, l’ex squadra del “portierone” altoatesino.
Anche Claudio Bernabè, già vicepresidente gialloblù e oggi membro del Consiglio d’Amministrazione del Club, ha ricordi molto “forti” legati a Mair.
“Il primo pensiero, ovviamente – queste le parole della “memoria storica” aquilotta – corre allo spareggio di Mantova, dove Gunther fu l’assoluto protagonista. Successivamente siamo rimasti in contatto e posso solamente parlare bene di lui. Era una persona onesta, affabile e sempre gentile”.

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