A TU PER TU CON… ALBERTO BETTA, CONSIGLIERE D’AMMINISTRAZIONE, SUPERVISORE DEL COMPARTO AMMINISTRATIVO, RESPONSABILE DELL’UFFICIO SOCI E DELLA BIGLIETTERIA

Prosegue con la seconda puntata della rubrica “A tu per tu con…” il nostro viaggio all’interno del club per conoscere a trecentosessanta gradi chi, lontano dai riflettori, opera quotidianamente per il bene della società.

A TU PER TU CON… ALBERTO BETTA

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” cantava Antonello Venditti. E ci sono anche amori che tornano più volte, in diversi momenti della vita, ma chi ne è protagonista è pronto ad accoglierli sempre con la stessa intensità.
La maglia gialloblù e l’immancabile sciarpa, che indossa sempre in occasione delle gare della prima squadra, sono realmente una sorta di seconda pelle per Alberto Betta, uno dei prim’attori nella fondazione della Società, membro del Consiglio d’Amministrazione sin dall’inizio e da sempre a fianco del presidente Mauro Giacca nel percorso di crescita del club.
Nato nel 1960, papà di Gabriele e Federica e nonno di quattro splendidi nipotini, tre femmine e un maschio, Betta ha iniziato la propria carriera da calciatore nel settore giovanile del Trento, arrivando sino alla squadra “Berretti”.
Poi il salto nel calcio dei “grandi” e l’arrivederci alla sua città: si trasferisce al Treviso in serie C1 per due stagioni, prima di passare al Cattolica, in C2, dove è titolare inamovibile della compagine romagnola. Il ritorno in C1 è pressoché immediato, con uno spostamento di pochi chilometri, per indossare la maglia del Rimini, dove ha il privilegio di essere allenato prima da Giuseppe Materazzi, papà del campionato del Mondo Marco e, in seguito, tecnico di Pisa, Lazio, Bari e Sporting Lisbona, ma soprattutto da Arrigo Sacchi, uno degli allenatori che ha cambiato la storia del calcio italiano.
Il primo ritorno d’amore arriva a metà anni ’80: Betta torna in quella che è casa sua, vivendo anche la straordinaria cavalcata della stagione 1984 – 1985, culminata con la vittoria nello spareggio di Mantova contro l’Ospitaletto e il ritorno in C1.
Il finale di carriera lo vede prima tra i pali del Pescantina, in serie D, e poi nella massima categoria regionale con il Villazzano.
Nel frattempo l’attuale supervisore del comparto amministrativo nonché responsabile dell’ufficio soci e della biglietteria, inizia anche il proprio percorso professionale all’interno della Cassa di Trento (un tempo denominata Cassa Rurale di Trento), di cui oggi è apprezzato direttore di filiale. Il calcio resta un grande amore e, una volta appesi i guantoni al chiodo, si cimenta come preparatore dei portieri a Gardolo e a Pergine Valsugana con la Fersina e poi allena in prima persona il Villazzano nel campionato di Promozione.
Per qualche anno resta ai margini e vive il calcio da semplice spettatore, ma nel 2014 il grande amore fa un altro giro – immenso, anche questa volta – dalle sue parti: a Mauro Giacca e al Trento non si può mai dire di no.
Tra i 33 soci fondatori c’è eccome Alberto Betta, che entra subito nel Consiglio d’Amministrazione della cooperativa gialloblù con compiti ben precisi e animato da uno spirito che si può riassumere in quattro parole: amore per il Trento.

“È stato un viaggio bellissimo quello compiuto sino a questo momento – racconta Betta – e mi sembra ieri che, assieme a Mauro (Giacca, ndr), Fabrizio (Brunialti, ndr), Marcelli (Scali, ndr), Claudio (Bernabè, ndr) e poche altre persone, ci riunivamo presso l’abitazione del Presidente o al ristorante “Maso Finisterre” per discutere, capire, impostare, pianificare, valutare. Con un unico obiettivo: ridare dignità al Trento e riportare questa meravigliosa squadra e società dove entrambe meritano di stare. Abbiamo lavorato sodo e l’inizio è stato tutt’altro che semplice, perché abbiamo trovato un enorme deserto. Il settore giovanile era “non pervenuto” con appena una ventina di giocatori di proprietà e null’altro, le infrastrutture erano in condizioni penose e, a causa dell’operato di chi ci ha preceduto. il nome del Trento era semplicemente “distrutto”. All’inizio dell’avventura abbiamo dovuto metterci la faccia personalmente per far capire a tutti che il vento era cambiato”.
Lei è responsabile dell’Ufficio Soci del nostro club e della biglietteria dello stadio “Briamasco”: un impegno non da poco.
“Senza dubbio. Ad oggi la nostra cooperativa conta quasi 700 soci, un numero decisamente importante per una realtà giovane come la nostra visto che, di fatto, l’Ac Trento Scsd è nato nel 2014. Nel week end il mio compito è quello legato alla gestione e all’organizzazione della biglietteria dello stadio “Briamasco” e delle casse dei due bar presenti all’interno dell’impianto. Il lavoro non manca, soprattutto in occasione delle amichevoli estive “di lusso” che, da sei anni a questa parte, organizziamo in stretta sinergia con le realtà amministrative e turistiche del territorio. Inizialmente mi occupavo in prima persone anche di tutto il comparto amministrativo e ora, soprattutto per motivi di tempo, supervisiono l’operato di chi lo gestisce con grande professionalità”.
Il momento “top” e quello “down” dei primi sei anni dell’attuale dirigenza?
“Le prime stagioni sono state assolutamente ricche di soddisfazioni: sul campo abbiamo vinto tanti trofei e, al di fuori, c’era la percezione, giorno dopo giorno, di una società in continua evoluzione e crescita. Per chi ci ha messo cuore, passione e tempo vi assicuro che è stata un’enorme soddisfazione. Il biennio in cui abbiamo vinto consecutivamente Promozione ed Eccellenza resterà indimenticabile, mentre il momento più difficile è stato quello vissuto al termine della scorsa stagione. Dopo una grande delusione, quale la retrocessione dalla serie D, ci siamo trovati di fronte ad un bivio: proseguire sulla strada intrapresa o ridimensionare. Regnavano amarezza e preoccupazione, non lo nego, ma Mauro, che è un trascinatore, il “motore” di questa società, un condottiero come tutti vorrebbero avere, ha deciso di accelerare un’altra volta ed… eccoci ancora qui”.
Momento amarcord: lei ha vissuto una carriera da giocatore di tutto rispetto e ha avuto la fortuna di poter lavorare con un “guru” quale Arrigo Sacchi.
“Sono contento del mio percorso da giocatore e posso dire di aver militato in campionati di assoluto livello, perché la serie C1 e C2 negli anni ’80 erano tornei di gran spessore. Sacchi? Un grandissimo: già allora, si capiva che avrebbe fatto strada. I suoi metodi d’allenamento erano rivoluzionari e facevamo cose mai viste. E poi ho la grande soddisfazione di aver indossato la maglia azzurra: con la Nazionale Under 20 partecipammo anche al prestigioso Torneo di Tolone. Tutti i giocatori provenivano da club di serie A e serie B e io ero l’unico che militava in serie C. Un altro grande motivo d’orgoglio”.
Torniamo all’attualità e l’ultima domanda è obbligata: il presente e il futuro dell’Ac Trento?
“Beh per quanto riguarda la stretta attualità speriamo di conquistare prima possibile la promozione in serie D e, allo stesso tempo, di compiere un bel percorso nella fase nazionale di Coppa Italia. C’è tanta voglia di tornare ad assaporare l’ “aria” delle partite con squadre di altre regioni. Il futuro è tutto da scrivere: la voglia di essere protagonisti c’è eccome, ma siamo gente onesta, seria e con i piedi per terra. Quindi un passo alla volta, sperando che la famiglia del Trento possa allargarsi sempre di più”.

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